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La storia d’oggi non è una bella storia. Nessuno, né Abramo, né Sarai, e nemmeno Agar, fa una bella figura. Ci appaiono tutti meschini, collerici, vendicativi. Potrebbe finire qui. E già così ci sarebbe una morale: Sarai e Abramo hanno voluto sostituirsi a Dio trovando da sé la soluzione al loro problema, ed ecco i frutti di questa poca fede: le umiliazioni reciproche, la lite, la fuga. In questa storia però, è presente anche Dio. E Dio non permette che finisca così. Interviene e soccorre chi in questa vicenda è il più debole: Agar e il figlio che porta nel suo grembo…
Sì, Dio ha visto l’angoscia di Agar, ha visto la sua fuga disperata, e ne ha avuto pietà. Davvero è il “Dio che vede” e che “provvede”. Manda il suo “angelo”, e l’angelo le parla, le ridona speranza, e riporta la pace. Sì così Dio dona la sua benedizione anche al figlio della “mancanza di fede” del “padre nella fede”…
Forse però le cose neanche stanno in questo modo. Non c’è qui, nonostante le apparenze, il “figlio della mancanza della fede”, o anche semplicemente il “figlio della schiava” che dovrà lasciare il posto al “figlio della libera”… Se leggiamo con un po’ d’attenzione questo testo, ci accorgiamo di come rinvii continuamente l’uno all’altro i suoi protagonisti, che il destino di ognuno è qui intrecciato al destino degli altri… Così, Agar è sicuramente molto diversa da Sarai, ma le è anche, inaspettatamente, molto simile. Abbiamo accennato alla vicenda di Abramo in Egitto: timoroso per la sua vita, non ha esitato a cedere Sarai al faraone come concubina (cfr Genesi 12) … e Agar non è stata forse la concubina di Abramo? E come il faraone mandò poi via Sarai così, dopo la nascita di Isacco, Abramo manderà via Agar, questa volta definitivamente (cfr Genesi 21). E anche Ismaele e Isacco sono sorprendentemente vicini tra di loro. Il celebre racconto del “sacrificio di Isacco” (cfr Genesi 22) sarà immediatamente preceduto dall’altro racconto della cacciata di Ismaele, che potremmo anche intitolare del “sacrificio di Ismaele”, perché in quell’occasione, seppure per sua scelta, Abramo ha davvero perso, ”sacrificato” un figlio.
L’interscambiabilità delle posizioni, il legame che unisce gli uni agli altri… questo è un insegnamento prezioso, soprattutto in questi tempi di frammentazione, di contrapposizione netta e sovente violenta e piena d’odio non solo di persone, ma di civiltà e di religioni (fra l’altro noi sappiamo bene che Ismaele è il capostipite della nazione araba…). C’è insomma davvero, al cuore della storia di Abramo, Sarai, Agar, ed Ismaele, l’invito a non rinchiudersi mai nell’alternativa “o io o lui”… nella scelta dell’uno contro l’altro: se ti blocchi su queste posizioni irriducibili, ti perdi in un deserto senza uscite…
Anche perché, e è un aspetto che mi sembra importante, in questa che abbiamo definito “una brutta storia” non c’è proprio nessuno che possa permettersi di contrapporsi all’altro da una posizione di superiorità: c’è qui una sostanziale comune mediocrità che pone tutti sullo stesso piano, che in qualche modo li obbliga a rimanere uniti e a riporre le loro speranze nell’Unico che è davvero superiore e che per questo è in grado di risolvere la crisi in cui tutto sono caduti, e l’ha risolta inviando “il suo angelo”… R. M.