QUI trovate il testo completo della predicazione e QUI l’elenco dei Sermoni
Gesù si ferma a Sicar perché – ci dice Giovanni – è “stanco del cammino” che ha fatto.
Gesù “stanco”. Questo ci dà un po’ noia, perché noi abbiamo sempre il desiderio di scaricare su di lui le nostre fatiche. Noi vorremmo ricevere da lui un po’ di forza, un po’ di slancio, un po’ di vita e di speranza, e invece eccolo qui,“stanco”. Stanco e anche solo, perché i discepoli sono saliti direttamente a Sicar a fare un po’ di spesa.
E però, in fondo, questa “stanchezza” di Gesù non mi dispiace, e anzi quasi mi commuove. Perché me lo rende più umano, “tutto” umano… e mi sento meno solo nelle mie stanchezze. E mi fa anche pensare, “per anticipazione”, al Gesù esausto e debole, così debole da essere morto prima del dovuto, appeso alla sua croce. Sì, questo Gesù affaticato è accanto a me nelle mie fatiche, nelle difficoltà alle quali mi trovo confrontato, condivide con me la prospettiva della mia stessa morte…
Ma la stanchezza di Gesù è anche un’altra cosa. È anche la stanchezza, potremmo forse dire “spirituale”, che nasce in lui dal fatto che lì, sul bordo del “pozzo di Giacobbe” non può compiere la sua missione. Fra un po’ dirà ai discepoli: “Il mio cibo è far la volontà di colui che mi ha mandato, e portare a compimento la sua opera”. Questo è quello che gli ridà energia, che lo rinvigorisce. Ma lì al pozzo c’è solo solitudine, c’è soltanto stanchezza: Gesù non può far niente…
Questa stanchezza riapparirà più tardi. E questo, a farci caso, è sorprendente. Quando avrà terminato il suo colloquio con la Samaritana e parlerà di nuovo coi discepoli, Gesù dirà loro: “Io vi ho mandati a mietere là dove voi non avete lavorato; altri hanno faticato, e voi siete subentrati nella loro fatica”. Chi sono questi altri che “hanno faticato” per me… per tutti noi? Questo plurale è curioso. Noi pensiamo a Gesù che proprio perché è “affaticato” ci è vicino nelle nostre fatiche… ma perché questo plurale?
Possiamo forse tornare a questo punto alla frase iniziale della pagina di oggi: “Quando dunque Gesù seppe che i farisei avevano udito che egli faceva e battezzava più discepoli di Giovanni (sebbene non fosse Gesù che battezzava, ma i suoi discepoli), lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea”, che potrebbe far pensare a una tensione presente fra i discepoli di Gesù e quelli di Giovanni. Qui allora Gesù inviterebbe i suoi a non sentirsi superiori agli altri, e invece a tener conto che tutto è iniziato proprio da Giovanni. Si tratta ora, con riconoscenza, di “subentrare alle loro fatiche”. Giovanni è stato inviato da Dio a “preparare la via del Signore” (cfr Gv. 1.23). E tutto ciò che ci conduce al Padre: le persone, i libri, le correnti di pensiero, le pratiche spirituali… tutto ciò che ci stimola a incamminarci e a andare avanti sulla “via del Signore”… di tutto questo possiamo, e anzi dobbiamo approfittare… Tutto ci è dato, tutto quanto è pronto! Altri hanno “seminato” e noi “mietiamo”, e ce ne “rallegriamo tutti insieme”.
Noi oggi raccogliamo e ci rallegriamo di quello che i nostri padri e madri nella fede hanno seminato. E se pensiamo alla nostra vicenda storica valdese, ci viene alla mente il Salmo 126,5: “Quelli che seminano con lacrime, mieteranno con canti di gioia”…
R. M.